L’Avv.Luigi Grillo, a 33 anni dalla sua dipartita, ricorda il suo Sommo Maestro di Storia e Filosofia Prof.Gioacchino Vitiello
IN RICORDO DEL COMPIANTO PROF.GIOACCHINO VITIELLO
Il mio ricordo del Professore di Storia e Filosofia Gioacchino Vitiello inizia con un sincero grazie per la passione trasmessami per le sue materie di insegnamento, che è, ancora oggi, grande.
Egli è stato un Sommo Maestro, perché dotato di una capacità unica, rara e, quindi, preziosa: quella di rendere comprensibili a degli allievi adolescenti, quindi di un‘età in cui lo sviluppo è ancora in pieno corso, concetti complessi e profondi come quelli della scienza filosofica.
Sì, la sua maestrìa è stata proprio questa: rendere comprensibili concetti che, all’inizio, potevano sembrare astrusi, ma che, in effetti, facevano già iniziare a far riflettere allievi, sia pur di così giovane età. Del resto, la classiche domande “Chi siamo?” “Da dove veniamo?” “Dove andiamo?”, ci diceva il Professore, sono interrogativi che, sicuramente, si è posto già l’uomo primitivo, perché il filosofare ha sempre fatto parte e farà sempre parte della natura dell’essere umano.
Ricordo vivamente tutta la sua passione, il suo fervore nello spiegarci la filosofia greca, quella medievale, quella dell’età dell’illuminismo, dell’empirismo, ma, poi, Kant e la Summa della Filosofia e cioè l’Idealismo assoluto di Hegel che tanto mi ha appassionato, sino ad arrivare a Marx, ma senza, però, trascurare Schopenhauer, Nietzsche e i pensatori del novecento come Croce, Gentile, Bergson, Dewey, Heidegger, Husserl, Sartre, Popper, quelli della Scuola di Francoforte e cioè Fromm, Horkheimer, Marcuse e Adorno, nonché il padre della psicoanalisi Sigmund Freud. Sì, perché il suo programma d’insegnamento era veramente completo, non trascurava nulla, giungeva sino al pensiero filosofico dei giorni nostri.
Era un bell’uomo, un grande sportivo, aveva un fisico atletico, era un vero gentleman, come quelli di altri tempi. Era esigente, pretendeva, come era giusto che fosse, il massimo dagli allievi e si adirava se quelli diligenti ed attenti a seguire le sue lezioni venivano distratti dagli altri, diciamo così, un po’ più leggeri, meno attenti.
Ritengo che il mio professarmi, ancor oggi, hegeliano sia per merito suo. Gli confessai, infatti, che lo studio di questo grande pensatore tedesco mi aveva tanto appassionato sin dall’inizio e che, grazie a lui, ero riuscito a vincere una vera e propria sfida, cioè quella di riuscire a ben comprendere quella che resta, a mio parere, una delle linee di pensiero più profonde e complesse della tradizione occidentale: la nottola di Minerva come Hegel stesso la definiva.
Un giorno, dopo la maturità, perché costanti rimasero i miei rapporti con il Professore, gli dissi che due insegnamenti di Hegel, che dimostravano la sua grandezza e la sua modernità, grazie a lui, mi erano sempre rimasti impressi e, precisamente, questi:
“L’essenziale è rimanere fedeli al proprio scopo”;
“L'uomo che si isola rinuncia al suo destino, si disinteressa del progresso morale. Parlando in termini morali, pensare solo a sé è la stessa cosa che non pensarci affatto, perché il fiore assoluto dell'individuo non è dentro di lui; è nell'umanità intera [...] Non si adempie il dovere, come spesso si è portati a credere e come ci si vanta di fare, confidandosi tra le vette dell'astrazione e della speculazione pura, vivendo una vita da anacoreta; non vi si adempie con i sogni ma con gli atti, atti compiuti nella società e per essa."
Prof.Vitiello, grazie a lei e al Sommo Maestro Hegel, io ho compreso che la vita vale veramente la pena di essere vissuta solo quando ci si prefigge, costantemente e coerentemente, uno scopo e cioè quello di dare un contributo valido al progresso non solo materiale ma, anche e soprattutto, spirituale della società. Colui che non fa ciò, è vero, resterà sempre un bruto, proprio come lei diceva, caro Professore.
Nell’estate del 1988, lo andai a trovare a casa, proprio pochi giorni prima della sua partenza per le vacanze, e mi regalò l’intero volume dedicato ad Hegel della bellissima “Storia della Filosofia” di Guido De Ruggiero che ancora oggi conservo gelosamente; gli confessai, e a questa affermazione mi rispose con un sorriso, che Hegel mi perseguitava, perché all’esame di Filosofia del Diritto che avevo appena sostenuto al primo anno di Giurisprudenza, avevo studiato “Lineamenti di Filosofia del Diritto”. Questa fu l’ultima volta che ebbi il piacere di dialogare con il mio Maestro, poi ci fu la sua tragica morte.
Termino questo mio breve ricordo, riportando un passo della “Lettera a Meneceo” del grande Epicuro, con l’intento di voler dimostrare tutto il mio affetto che ho provato e ancora provo per il Prof.Vitiello, ringraziandolo sinceramente per l’amore che è stato in grado di trasmettermi per gli studi storici e filosofici che, ancora oggi, per me, costituiscono una ragione importante della mia esistenza, anche e soprattutto con l’auspicio che questa lettura possa servire da insegnamento agli allievi liceali di oggi, facendo comprendere che il nostro glorioso Liceo Classico “Gaetano De Bottis” ha avuto dei grandi Maestri.
Il passo è il seguente:
«Da giovani bisogna dedicarsi alla filosofia senza alcun indugio. Da vecchi non bisogna stancarsi di farlo. Non è mai troppo presto o troppo tardi per curarsi della salute dell'anima. Dire che non è ancora il momento di applicarsi alla filosofia o che il momento è passato è come dire che non è ancora arrivato il momento di essere felici o che è ormai trascorso. Giovani e vecchi devono fare filosofia. I vecchi per mantenersi sempre giovani, ricordando con gratitudine i beni di cui hanno goduto in passato. I giovani per affrontare le prove future con un coraggio da vecchi. Per questo è necessario esercitarsi richiamando alla mente tutto ciò che può condurre alla felicità, se è vero che, quando abbiamo la felicità, abbiamo tutto, e, quando non ce l'abbiamo, facciamo di tutto per averla.»
Grazie, caro Professore!
L'allievo Luigi Grillo
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